Dove il viaggio ebbe inizio…

L’impianto. Ci sono molti posti e molti momenti dove un viaggio ha inizio. Il mio personale incontro con l’audiofilia nasce probabilmente nella mia infanzia, dagli ascolti della collezione di vinili (prima) e di compact disk (poi) di mio fratello maggiore. Nasce dagli orizzonti musicali progressive degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, attraverso i solchi di straordinari gruppi come Pink Floyd, Genesis, Jethro Tull, Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, giusto per citarne alcuni. Nasce soprattutto dal confronto di esperienze sensoriali diverse. Io all’epoca avevo 7-8-10 anni all’incirca, il momento esatto è sfocato nella mente. Comunque sia, a quell’età non avevo certo un mio impianto audio. Ascoltavo la musica registrata su cassetta (le “famose” TDK ferromagnetiche) attraverso un lettore walkman, detto più volgarmente “mangia-cassette” perché infatti a volte il nastro se lo mangiava davvero. Tali ascolti seguivano generalmente quelli effettuati sui vinili da cui erano registrati i brani riversati su nastro, nell’impianto “maggiore” di mio fratello. Pur senza alcuna educazione formale all’ascolto critico, la differenza in musicalità delle due esperienze era talmente evidente da farmi intuire il significato del concetto di fedeltà. Tutto forse partì proprio da quegli ascolti “embrionali”, dalle emozioni che provavo (o che non riuscivo a provare con la medesima intensità) passando da un tipo di ascolto all’altro.

L’ambiente. Un secondo momento chiave nella mia educazione audiofila nasce dagli “errori ambientali”. L’ascolto attraverso il walkman continuò per parecchi anni, passando per lievi miglioramenti (i nastri al bagno di cromo, una versione più evoluta di lettore, varie cuffie sempre appartenenti al segmento economico) finché non acquistai un personal computer per i miei studi informatici. Tutto ciò accadde più o meno all’inizio dell’era digitale della musica. Non avevamo ancora sdoganato termini come musica liquida, ma c’erano già i compact disk e il vinile era in rapido declino. L’impiando budget aveva due forme tipiche: il classico combo (o compatto) e l’impianto da computer. Da entusiasta informatico percorsi la strada dell’elettronica al computer: con i risparmi derivanti dalla scrittura di articoli tecnici per riviste specializzate, dotai il mio PC di una scheda audio SoundBlaster semi-professionale e di un sistema 2+1 della Cambridge Audio marchiato Creative (era il modello più evoluto all’epoca della serie SoundWorks). Il subwoofer, in legno, era sufficientemente potente da erogare abbastanza energia sonora che, su specifiche programmazioni musicali, generava riverberi nella mia stanza d’ascolto. Senza neanche i minimi rudimenti di acustica, decisi di intervenire sull’ambiente installando a soffitto dei pannelli fonoassorbenti. Mi feci consigliare sulla posa da un’amico che lavorava in edilizia, non quindi da un esperto in trattamenti acustici come avrei invece dovuto fare. I pannelli in fibra naturale (sembravano di cartone pressato, ma erano gradevolmente rifiniti) potevano anche avere qualche effetto positivo sul suono; peccato però che vennero montati a sospensione su un telaio in alluminio rigido. Il risultato immediato fu che, oltre ai riverberi leggermente attenuati, avevo ora evidenti risonanze della struttura in alluminio che, in corrispondenza dei bassi più poderosi, emetteva addirittura dei suoni simili alle fusa di un gatto (Grrrrrr….). All’epoca non sapevo che le onde sonore a bassa frequenza tendono a creare maggiori problemi in corrispondenza degli angoli, piuttosto che a soffitto. Non conoscevo l’esistenza delle bass trap (trappole per le frequenze basse) e non immaginavo neppure che anche un buon pannello, se non fissato correttamente, potesse avere scarso effetto sulla risposta ambientale, se non addirittura peggiorarla. Insomma questo errore di installazione mi tenne lontano dall’alta fedeltà per almeno altri 10 anni, finché non ebbi l’opportunità di spostare l’impianto in una sala dedicata. Ma mi fece anche capire quale importanza avesse l’ambiente. Fortunatamente, nel frattempo, imparai un sacco di cose sull’alta fedeltà e in particolare sull’acustica ambientale. Schiere di “audiofili” investono parecchie migliaia di Euro in elettroniche raffinate e non considerano minimamente l’ambiente. E questa considerazione segna un altro momento chiave nella mia evoluzione audiofila: la cultura.

La cultura audiofila. Essere audiofilo per me non significa solo amare la musica (al di là dello specifico genere). Significa anche capire come il messaggio sono viene elaborato dall’impianto, dall’ambiente e, infine, dal nostro apparato sensoriale. L’audiofilia non può non passare anche da una maggiore consapevolezza che si apprende attraverso lo studio. L’ascolto critico è (in parte) studio. L’upgrade di un componente dell’impianto è studio. Senza la guida dello studio e di determinati valori, l’evoluzione da audiofilo rimane casuale e non sempre segue le direzioni corrette, come testimonia l’errore compiuto nel mio primo tentativo di “correzione ambientale”. Fortunatamente, la mia formazione scolastica (perito elettrotecnico prima, informatico poi) mi ha consentito di raggiungere nel tempo un’accostamento un po’ più educato all’universo “hi-fi”. Gran parte dell’esperienza sensoriale che facciamo quando ascoltiamo la musicalità di un impianto, infatti, è dovuta a fenomeni fisici legati a correnti, tensioni, campi magnetici, impedenze, trasmissione delle onde, proprietà acustiche dei materiali, psicoacustica. Ho capito (a mie spese) che è sufficiente anche una minima conoscenza di questi aspetti per rendere l’audiofilo più consapevole. Da un lato l’acquisizione di concetti e rudimenti audiofili consente all’appassionato di esprimersi con un linguaggio più preciso, mentre dall’altro egli può orientarsi nel mercato senza cadere vittima degli “specchietti per allodole” di molti commercianti, interessati più a vendere un prodotto che a dare un reale servizio ai loro clienti.

Ovviamente, al centro di tutto il mondo audiofilo, rimane la sensibilità interiore che ci fa approcciare in un certo modo all’ascolto della musica. Non serve essere ingegneri del suono o musicisti per amare la musica. Basta (credo) partire dal presupposto che non ascoltiamo la musica per riempire un silenzio mentre svolgiamo altre attività o perché ci piace ballare. Probabilmente ascoltiamo la musica soprattutto per le emozioni che proviamo nel farlo, per sperimentare una connessione diretta con la nostra anima. La musica diventa quindi un tramite per entrare in contatto con le nostre emozioni più forti e intime.

La consapevolezza derivante dallo studio ci consente semplicemente di capire meglio cosa ascoltiamo e come lo percepiamo. Tutto ciò è importante perché ci rende più inclini a intervenire sull’ambiente e sull’impianto in modo mirato per rendere l’esperienza sensoriale ancor più appagante, così da rendere le emozioni che proviamo durante l’ascolto ancor più ricche e forti.

La comunità audiofila 🙂 Come per tutti i viaggi significativi nella vita, non siamo mai soli. Se il primo membro di questa comunità audiofila a entrare nella mia vita è stato mio fratello Marco, nel corso degli anni alcuni altri amici si sono aggiunti e molti altri spero di poter conoscere e frequentare in futuro. Probabilmente colui a cui devo un grazie speciale è il mio amico Ciro Guida, audiofilo per passione e “artista dentro”. Quante discussioni, quante conversazioni, quanto divertimento, sempre nella condivisione di questa nostra passione per l’audiofilia e i suoi valori ispiratori. Negli ultimi tempi, invece, un grazie sentitissimo agli amici Alex Michelin, Marvin Zonch e, ultimissimo aggiunto, Andrea De Paoli. Con Alex e Marvin indimenticabili le serate trascorse a provare elettroniche diverse nella mia sala d’ascolto, attraverso le quali ci siamo saziati di tanto buon vecchio (e nuovo) rock progressive. Con Andrea, invece, un appuntamento per ascoltare il suo stellare impianto valvolare. In mezzo, altri amici, altre discussioni, altro divertimento.

Il blog. Le pagine di questo blog sono una sorta di diario di bordo: un luogo dove trascrivere i miei appunti di studio e di ascolto critico, man mano che il mio viaggio audiofilo prosegue. Non ho alcuna presunzione di “insegnare” ad altri, né di sostituirmi alle riviste specializzate o agli addetti ai lavori. Questo è un blog guidato dalla passione e dalla necessità di tenere traccia di ciò che imparo sulla tecnica audio e sull’hi-fi in generale. La scelta del formato Web è condizionata anche dal desiderio di stimolare, a partire da questo percorso personale, la condivisione di valori, principi e tecniche del suono con altri appassionati. La passione, in fin dei conti, è qualcosa che ci porta anche nella sfera sociale ad allacciare rapporti e a scambiare punti di vista. Il bello, nell’hi-fi, sta anche nel parlarne e nel condividere momenti sociali.

In queste pagine non troverete però l’esaltazione di un genere musicale o di uno specifico impianto. Il taglio che intendo dare agli articoli è pur sempre tecnico, nonostante mi renda perfettamente conto che, quando si parla di emozioni, il limite tra oggettivo e soggettivo diventa talmente labile da non essere più facilmente distinguibile.

Un pensiero riguardo “Dove il viaggio ebbe inizio…

  1. Beh, cosa dire? Ringrazio Andrea per le belle parole, abbiamo in comune questa bella passione che ci permette di ascoltare la nostra musica preferita in modo sempre più emozionante. Per me, che non sono musicista professionista ma semplice appassionato cultore in particolare della chitarra, l’ascolto è anche una delle fonti di apprendimento naturale: ascoltare correttamente è fondamentale per farsi cogliere dall’emozione! Auguro ad Andrea ed a tutti coloro che leggeranno queste note buon ascolto… un caro saluto.

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