Il primo viaggio della redazione di Audiophilia Progressiva: l’ascolto delle PMC Twenty 24
Negli ultimi mesi questo blog, che inizialmente è nato dall’idea di una singola persona (il suo fondatore Andrea Baruzzo), si è arricchito di un piccolo “comitato redazionale”, come illustrato in un precedente post. In realtà il comitato c’è sempre stato, alimentando continue conversazioni su vari canali social e piacevoli serate d’ascolto trascorse nelle rispettive abitazioni. Farlo diventare un elemento attivo (e ufficiale) di Audiophilia Progressiva è stato un passo naturale, specialmente dopo aver condiviso insieme prove di ascolto, discussioni su tecniche costruttive, qualche sano contrasto e, soprattutto, buona musica e divertimento. Quello che segue è il resoconto del nostro primo viaggio insieme per ascoltare il diffusore PMC Twenty 24 e la destinazione è lo storico negozio Stereo 2000, situato a Marcon (VE). La missione della “gita fuori porta”, vista la vicinanza della destinazione, è quella di valutare una nuova coppia di diffusori da inserire nell’impianto del nostro amico Marvin. Come lasciarci sfuggire questa occasione per raccontare nelle pagine del blog un’esperienza d’ascolto vissuta in prima persona?
Il “Punto A” del piacere audiofilo
Prima di entrare nel dettaglio delle nostre impressioni di ascolto, è a mio avviso essenziale una premessa, tanto per capire ciò di cui stiamo parlando quando esprimiamo una valutazione tecnico-soggettiva sulla musicalità di un impianto o sulle caratteristiche di un particolare suono. Questa premessa parte da una lettera pubblicata sul numero 382 di AudioReview (dicembre 2016), forse la più autorevole rivista italiana di Elettroacustica, Musica e Alta Fedeltà. Chi scrive è il Dott. Gianluca Marino che, da medico, fa un esame della passione audiofila secondo una prospettiva biologica. Marino afferma che:
L’audiofilo, individuo appassionato di riproduzione sonora di alta qualità, è caratterizzato (rispetto alla popolazione generale) dalla consapevolezza della presenza di uno specifico recettore, il “punto A”. […] Ogni audiofilo è dotato di un “punto A” reattivo a differenti elementi della qualità sonora; ne consegue che qualcuno provi piacere ascoltando una gamma bassa profonda e articolata, un altro una gamma alta brillante e/o trasparente, un altro ancora una gamma media dolce e/o ricca armonicamente. Spesso, anche un piccolo particolare della riproduzione musicale, benché insignificante per alcuni (ad esempio lo strofinio di una corda, la vibrazione di una cassa armonica, ecc.), può invece stimolare il “punto A” di qualcun’altro.
Il Dott. Marino riconduce il piacere provocato dal “punto A” ai meccanismi biologici mediati dalle endorfine e dalla dopamina. Le endorfine sono un gruppo di sostanze prodotte dal cervello, nel lobo anteriore dell’ipofisi, classificabili come neurotrasmettitori. Esse sono dotate di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina e dell’oppio, poiché agiscono sugli stessi recettori di questi ultimi, procurando euforia, senso di benessere e piacere. La dopamina è un neuro ormone rilasciato dall’ipotalamo a fronte di stimoli che producono motivazione e ricompensa (stimoli fisiologici quali il sesso, il cibo buono, l’acqua, stimoli artificiali come le sostanze stupefacenti, o stimoli elettrici e/o fisici come la percezione del suono e, quindi, anche l’ascolto della musica). La dopamina ha un effetto anche sull’aumento del battito cardiaco. In definitiva, quando l’audiofilo ascolta della musica che tocca le corde legate al suo particolare “punto A”, il suo organismo reagisce producendo dopamina ed endorfine in gran quantità così che egli raggiunge l’appagamento sensoriale. A questa analisi chimico-fisica aggiungiamo poi la componente affettiva (la musica scatena pensieri, ricordi, immagini interiori che ci emozionano) e comprendiamo forse meglio come l’ascolto musicale sia per molti un veicolo emozionale estremamente potente.
Perché questa premessa? La lettera del Dott. Marino ci fornisce lo spunto per parlare di qualità del suono e di come questo concetto non sia uguale per tutti poiché, a livello percettivo, non riusciamo a identificare un insieme unico di caratteristiche universalmente riconducibili ad essa. L’esperienza d’ascolto con le Twenty 24, ad esempio, ha fatto emergere aspetti percettivi nella riproduzione delle frequenze basse che hanno letteralmente diviso il nostro piccolo comitato editoriale. Molto probabilmente proprio a causa dei diversi “punti A” di ciascuno dei suoi membri. Quindi suonano bene queste PMC? Valgono i soldi che costano (oltre i 4000€ di listino la coppia)? Ecco che cosa ne pensiamo noi che le abbiamo ascoltate.
Conosciamo il diffusore e l’impianto utilizzato nella dimostrazione
Non nascondo la personale curiosità di trovarmi di fronte a un marchio, PMC, di così elevata reputazione nel mondo dei diffusori professionali e, in particolare, per quanto concerne la loro nota vocazione da monitor. Non a caso, il nome stesso della compagnia intreccia le sue iniziali attorno a queste caratteristiche (PMC sta per Professional Monitor Company Ltd). Un diffusore monitor si distingue dai tradizionali diffusori acustici in quanto tenta di riprodurre il suono garantendo una risposta in frequenza quanto più possibile piatta. Ciò significa, di fatto, non aggiungere alcuna colorazione al suono, né tanto meno distorsioni sgradevoli all’ascolto. Questa caratteristica dei monitor di studio li rende un ottimo strumento di verifica per il tecnico del suono che deve capire se, durante le fasi di mixaggio e di mastering, sia riuscito a ottenere un buona registrazione in grado di suonare il meglio possibile in ogni tipo impianto di riproduzione audio.
La sfida che PMC prova a raccolgiere, nel caso del diffusore in esame, è quella di coniugare le doti di trasparenza e linearità di un monitor con quelle di musicalità che vengono tipicamente richieste a un impianto domestico. Qui le cose si fanno complicate poiché ci spostiamo dal livello prettamente tecnico-strumentale (la risposta in frequenza piatta, il livello di distorsione praticamente nullo, ecc.) a quello percettivo-emotivo ben rappresentato dal “punto A” di ogni audiofilo. Il problema è che non esiste alcuno strumento in grado di misurare il “punto A”. Ancor peggio, come afferma in un altro passaggio della sua lettera il Dott. Marino:
Accade di frequente che l’audiofilo provi piacere in relazione a qualità del suono non specificamente identificabili; tali caratteristiche vengono spesso riassunte dal termine “musicalità”. Analogico e valvolare (in contrapposizione a digitale/a stato solido – N.d.R.) costituiscono esempi lampanti di tale fenomento, che risulta difficilmente indagabile dal punto di vista scientifico e che ci ricorda come una stretta al cuore, fortunatamente, il più delle volte non è un infarto, ma un’emozione.
La curiosità è quindi vedere, anzi sentire, quanto musicale sia la coppia Twenty 24 per l’ascolto quotidiano della musica senza avere per questo velleità da studio di registrazione (nè altrettanto spesso un ambiente trattato acusticamente). In fin dei conti, un diffusore di qualità dovrebbe suonare bene a prescindere dal tipo di musica che gli diamo in pasto e indipendentemente dall’ambito di utilizzo.
La linea Twenty, come detto, appartiene al segmento “home” (domestico) della casa inglese. Ciononostante, la finitura appare subito curata, come illustrato in Figura 1.

Vediamo brevemente le specifiche tecniche del diffusore. Il sito della PMC riporta per il diffusore Twenty 24 i seguenti dati:
Available Finishes: Jet Black Crossover
Frequency: 1.8kHz
Dimensions: H 1028mm 40.47” (+25mm spikes) W 184mm 7.25”
D 419mm 16.5” (+6mm grille)
Drive Units: LF PMC twenty series,
lightweight doped 6.5”/170mm cone
with cast alloy chassis
HF PMC/SEAS®,
27mm twenty series, SONOLEX™ soft dome,
Ferrofluid cooled
Effective ATL™ Length: 3.0m 9.8ft
Frequency Response: 28Hz – 25kHz
Impedance: 8 Ohm Input
Connectors: 2 pairs 4mm sockets (Bi-amp or Bi-wire)
Sensitivity: 90 dB 1W 1m
Weight: 21kg 46.2 lbs
I numeri nei dati di targa di un’apparecchiatura hi-fi lasciano spesso il tempo che trovano. Questo è un aspetto che potrebbe sorprendere il neofita ma che risulta ben noto all’audiofilo. Ciò che si percepisce in un diffusore acustico, infatti, non sono tanto le proprietà elettriche bensì la qualità del suono riprodotto. Ragionare in termini di dati di targa è un po’ come tentare di dedurre il gusto di una pietanza leggendo la sua analisi chimica. Alcuni numeri possono, tuttavia, fornirci qualche spunto di riflessione. Innanzitutto la sensibilità che è molto buona, attestandosi a 90 dB. Si tratta di un parametro che descrive l’efficienza di pilotaggio della cassa. La sensibilità esprime la pressione acustica che viene generata a 1 metro di distanza pilotando il diffusore con una potenza di 1 Watt. Più alto è questo valore, più “forte” suona la cassa. Nel caso in esame, 90 dB ci fanno intuire che siamo di fronte a un diffusore piuttosto facile da pilotare in quanto non richiede grandi potenze per poter raggiungere buoni volumi d’ascolto. Ovviamente si tratta di un aspetto di mero pilotaggio elettrico che nulla ha a che vedere con la qualità del suono riprodotto, ma solo con la pressione sonora emessa. Diventa altresì significativo quando dobbiamo abbinare il diffusore a un amplificatore. Analogamente, anche l’impedenza è importante. L’impedenza è una grandezza elettrica che misura la facilità con cui una corrente alternata passa in un circuito elettrico. In questo caso, essendo il diffusore passivo, l’impedenza determina il tipo di carico che l’amplificatore deve sostenere quando genera la corrente in uscita ai suoi morsetti. Casse come le Twenty 24 hanno un’impedenza pari a 8 Ohm e rappresentano un carico (in teoria) più facile da pilotare rispetto a un analogo diffusore di impedenza pari a 4 Ohm (al dimezzare dell’impedenza un amplificatore ideale dovrebbe essere in grado di raddoppiare la potenza in uscita).
Il discorso di quanto difficile sia il pilotaggio di un diffusore, purtroppo, non si limita ai dati numerici della sensibilità e dell’impedenza. Nella realtà pratica influiscono molti altri fattori di non facile lettura senza un po’ di conoscenze elettrotecniche (andamento della fase, impedenza in funzione della frequenza, etc.), tutti aspetti che possono rendere la vita difficile a diversi amplificatori, come ci ricorda Lucio Cadeddu nel suo ottimo sito TNT-Audio. Questi dati, come spesso accade, non sono quasi mai dichiarati dai costruttori, e le Twenty 24 sembrano non fare eccezione, quindi è possibile misurarli solamente sul banco di prova.
Un altro elemento interessante nei dati di targa, evidente anche nelle foto, è costituito dalla presenza di due soli driver (o altoparlanti): un woofer da 170 mm per le frequenze medio-basse e un tweeter da 27 mm per le frequenze alte e altissime. Per pilotare tali driver viene impiegato un filtro crossover interno alla cassa con una singola frequenza di incrocio che si attesta intorno a 1.8 KHz. Il filtro crossover separa la gamma di frequenze audio riprodotte in due porzioni (dette vie). Un diffusore con due vie non è detto che suoni necessariamente peggio di uno con tre vie, né implica che ci siano sempre solo due altoparlanti. Di nuovo, Lucio Cadeddu sull’argomento si esprime così:
A parità di costo, meno altoparlanti si utilizzano e più sarà elevata la qualità degli stessi e/o della costruzione della cassa (mobile, materiali, finitura, crossover etc).
Ancora secondo logica, essendo la cassa ideale dotata di un unico altoparlante puntiforme che riproduce perfettamente tutte le frequenze, meno altoparlanti si utilizzano e meglio si approssima tale situazione ideale. È già piuttosto complicato mettere d’accordo un woofer e un tweeter, pensate quanto la faccenda si complichi dovendo utilizzare anche un midrange.
Da questo punto di vista, quindi, la soluzione due vie, quando implementanta con intelligenza in diffusori di medie dimensioni, presenta alcune caratteristiche vincenti che la rendono estremamente conveniente.
Nei diffusori di dimensioni piccole questa è una scelta quasi obbligata. Per i diffusori di grande impegno e dimensioni le soluzioni ottimali possono essere diverse e non necessariamente semplici. In questa categoria di diffusori infatti gli ingombri ed i costi passano in secondo piano rispetto allo scopo principe che è quello delle migliori prestazioni sonore possibili.
Le Twenty 24 rientrano certamente nella categoria dei diffusori da pavimento di medie dimensioni, quindi la curiosità di sentirle suonare aumenta.
Veniamo, infine, alla configurazione dell’impianto di prova. Poiché la nostra missione era di valutare una nuova coppia di diffusori per l’impianto di Marvin, siamo partiti da un punto fisso inammovibile: l’amplificatore. Nel nostro caso, si tratta di un massiccio Marantz PM14 S1. Il PM14 S1, con i suoi 18.5 Kg di peso, non dovrebbe avere la benché minima difficoltà a pilotare elettricamente le Twenty, erogando una potenza pari a 90 W (8 Ohm)/140 W (4 Ohm). Ma il punto è un altro: una volta “intrecciati elettricamente”, i due si piaceranno anche dal punto di vista sonico? (O meglio, ci piaceranno?). La prossima sezione riporta le nostre impressioni d’ascolto. Chiudiamo la descrizione dell’impianto con il lettore, un esemplare Cayin CD-11T con stadio d’uscita valvolare (2 × 12AU7), alternato con un Marantz CD 6006.
Prime impressioni di ascolto
La prova d’ascolto, come detto, è stata eseguita nella stanza messaci gentilmente a disposizione dal titolare di Stereo 2000 a Marcon (VE). Sono le 9.00 di mattina e ci ritroviamo di fronte al negozio, con l’insegna “Ingresso – Arte del Suono by Stereo 2000” che capeggia sulla porta di ingresso a darci il benvenuto. Lo slideshow sottostante testimonia questo momento e altri istanti ripresi durante l’ascolto. In primo piano l’impianto e la coppia di Twenty 24 ascoltata, affiancata a una coppia di Opera Quinta con la quale abbiamo terminato le prove con l’idea di “sentire qualcosa di diverso” e avere qualche ulteriore elemento di paragone.
Ebbene, come suonano queste PMC? Di seguito esprimo le mie personali impressioni, essendo probabilmente tra i presenti quello con il “punto A” che meglio si accorda al carattere delle casse :-). Nella descrizione, tuttavia, cercherò di dare voce anche ai miei amici di redazione, in modo spero il più possibile critico e neutrale. Tenterò inoltre di usare, per quel che mi è possibile, il linguaggio tecnico dell’ascolto critico – almeno nei limiti della mia conoscenza di studio e di esperienza – e senza per questo vantare ambizioni giornalistiche che sarebbero fuori luogo. Per gli interessati ad approfondire la terminologia usata, consiglio come testo di partenza The Complete Guide to High-End Audio di Robert Harley (in particolare il capitolo 3).
Per testare le qualità sonore delle Twenty 24 avevo portato con me alcuni cd che ritengo piuttosto rivelatori, soprattutto in chiave di gamma bassa e di strumenti a fiato: Night Song (Nusrat Fateh Ali Khan & Michael Brook), Spinner (Brian Eno & Jah Wobble), Elements (Ludovico Einaudi), Lotto infinito (Enzo Avitabile) e Hope (Hugh Masekela). Sono bastate poche note di Night Song per intuire la personalità del diffusore. La gamma bassa si rivela all’ascoltatore con un buon livello di dettaglio, articolata ma ben controllata, senza alcuna distorsione percepibile, nè si notano code fastidiose. Nonostante l’ambiente sia quello di uno show-room da negozio, con altri diffusori, elettroniche e componentistiche varie disposte tutt’intorno, non c’è la minima presenza di risonanze e riflessioni. I 3 metri del condotto interno che costituiscono la linea di trasmissione delle Twenty 24 fanno un lavoro egregio nello smorzamento delle onde sonore, al punto che le frequenze basse staccano in modo netto. Anche i transienti sono rapidi e precisi, dando l’impressione di un basso che sprigiona la giusta energia e poi “muore lì”. Tutto fantastico? Beh, si, anzi no, cioè… non per tutti. Croce e delizia allo stesso tempo, il diffusore non introduce alcuna colorazione, al punto che gli amici di Audiophilia Progressiva che assistono con me alla prova percepiscono questi bassi come poco coinvolgenti, se non addirittura poco estesi. La sensazione è quella di essere di fronte a un diffusore analitico che a qualcuno potrà sembrare freddino, con dei bassi presenti ma asciutti e, se quello che cercate è un basso “caldo”, molto ricco di armoniche, con un prominente “effetto punch”, queste PMC non saranno probabilmente la vostra scelta ideale. La soggettività dei rispettivi “punti A” nella riproduzione della gamma bassa è, credo, il maggior elemento di disaccordo tra i presenti nella valultazione di questa prova. Quello che per me è un basso raffinato e ben articolato, per altri risulta essere invece poco presente e assolutamente non coinvolgente. Forse in parte un’amplificazione o una sorgente diversa potrebbero limare questa caratteristica che, tuttavia, ritengo essere un chiaro segno della personalità di queste PMC. Ne abbiamo la chiara conferma quando, un po’ deluso dall’abbinamento, il nostro Marvin chiede di poter ascoltare anche le Opera Quinta, in bella mostra a fianco delle PMC. Si tratta di un diffusore con quattro altoparlanti a tre vie con frequenze di incrocio a 300 Hz e a 2 kHz. L’impressione è quella di aver ritrovato – soprattutto in gamma bassa e media – quella musicalità che per i miei colleghi di redazione mancava alle Twenty. Personalmente trovo le Opera suonare in modo molto simile alle mie Tannoy Revolution XT6F. Sicuramente un diffusore musicale e piacevolissimo da ascoltare, ma in modo diverso rispetto alle PMC. Forse perché attratto da sonorità un po’ inusuali per me, apprezzo ancor di più alcuni frangenti del suono delle Twenty, ma questo non deve apparire come una bocciatura per le Opera, tutt’altro! I suoi bassi sono infatti privi di code, ben controllati, e certamente più possenti rispetto alle PMC e già solo questo aspetto fa dipingere un sorriso ai presenti. Il diffusore italiano ha una lunga tradizione di “buona musica”, al punto che questa articolazione del basso non sorprende; tuttavia credo che il confronto sia un po’ sbilanciato, considerati i diversi volumi dei due diffusori, notevolmente a favore delle Opera, la presenza di un numero maggiore di driver (esattamente il doppio) e, soprattutto, le due differenti vocazioni (dalla riproduzione domestica di musica da camera a quella di monitor).
Ma torniamo alle PMC. Passando dalla gamma bassa a quella media, trovo l’articolazione un po’ meno trasparente e dettagliata. Anche la scena sembra ridursi un po’ in profondità e le voci non sembrano brillanti e presenti come mi sarei aspettato, in particolare la voce femminile. I passaggi da una gamma all’altra sono però sempre ben in evidenza, rendendo il diffusore un ottimo strumento per evidenziare i contrasti. In questo senso, l’analiticità delle Twenty 24 mi è piaciuta molto. L’impostazione da monitor secondo me qui si sente pienamente, dando l’impressione di leggere una radiografia del suono.
Il dettaglio e la brillantezza in gamma alta sono davvero notevoli, forse fin troppo. Il dubbio che mi assale è come suona un diffusore così analitico dopo diverse ore d’ascolto: tanto dettaglio e contrasto, così capace di stimolare il mio personale “punto A”, produrrà fatica d’ascolto? Un diffusore che “arrotonda” un po’ il suono, colorandolo leggermente, potrebbe risultare più musicale e piacevole da ascoltare, se lo scopo non è quello di “radiografare” le singole gamme di frequenze, ma semplicemente quello di sedersi sulla poltrona, chiudere gli occhi, e ascoltare buona musica. Non avendo a disposizione i diffusori nel mio ambiente di ascolto e per un tempo ragionevole, non posso dare risposta a questa domanda. Almeno per ora. Il dubbio, tuttavia, persiste dopo l’ascolto della traccia 9, voce e chitarra, del cd portato dall’amico Andrea De Paoli: Memory, Seiko Nizuma, da Audiophile Test HQCD 2010 Made in Japan (Various Artists). La registrazione è una delle più impegnative che io abbia mai ascoltato per quanto concerne il microcontrasto e il range dinamico, con la voce femminile di Seiko Nizuma che a tratti sembra mettere in difficoltà il diffusore. Alcune “s” sibilanti mi sorprendono negativamente. Questo aspetto ci trova tutti d’accordo: sembra un po’ sconcertante che un diffusore di questo calibro vada in difficoltà su questo frangente, anche se la registrazione è davvero impegnativa, al punto da farmi sospettare un non perfetto pairing con le elettroniche di pilotaggio (nella fattispecie, il Marantz PM14 S1) oppure un problema con i cavi. La sostituzione della sorgente Cayin con un lettore Marantz smorza leggermente i toni, ma il diffusore sibila ancora nei passaggi più difficili, pur non in modo così evidente come prima.
Conclusioni
Pro
- Le PMC Twenty 24 sono un diffusore molto selettivo e “radiografante” la cui missione sembra essere quella di dare voce soprattutto al microcontrasto e a un basso esteso, ben controllato, senza distorsioni o colorazioni. Forse un po’ asciutto, senza essere per questo a mio avviso un difetto (qui so che l’affermazione genera disaccordo tra i miei compagni di viaggio)
- Le singole gamme di frequenze, e soprattutto i passaggi da un registro all’altro, sono messi bene in evidenza, con una riproduzione degli armonici veramente fantastica, sia negli strumenti a corda, sia per quanto riguarda il vibrato dei fiati.
- La finitura è eccelsa, ai massimi livelli su questa fascia di costo.
Contro
- Le voci ci sono apparse leggermente arretrate – in particolare quelle femminili, così come (in alcune registrazioni) la gamma media sembra un po’ sottotono. Da approfondire per capire quanto l’amplificazione, la sorgente o la stessa registrazione ci abbiano messo del suo.
- La brillantezza e il dettaglio generale si paga negli acuti, con un sorprendente problema legato alla riproduzione di fastidiose “s” sibilanti in una specifica traccia. Anche qui vale la considerazione al punto precedente.
- L’abbinamento con l’amplificatore va ponderato adeguatamente: le Twenty 24 non sono delle casse “piacione” che si abbinano facilmente con qualsiasi amplificazione. Non è un problema tanto dal punto di vista elettrico, quanto piuttosto dal punto di vista “caratteriale”, dal tipo di colorazione che un amplificatore o un DAC possono introdurre, esaltando o riducendo alcuni aspetti del suono (sia in banda altissima, sia in banda medio-bassa).
In definitiva si tratta di un diffusore che a me è piaciuto molto, pur sollevando le perplessità appena riassunte. Ma queste perplessità molto probabilmente non sono a mio avviso imputabili al diffusore (o non solamente a lui) ma soprattutto al non ideale abbinamento con l’amplificatore. Il Marantz PM14 S1 e le PMC Twenty 24 non sembrano piacersi molto. Per questa ragione, le precedenti non sono conclusioni definitive, ma prime impressioni di ascolto. Sta di fatto che un ascolto più approfondito è d’obbligo per sedare i dubbi sollevati da questa prova e decretare un’impressione totalmente positiva senza riserve (sempre tenuto conto dell’impostazione monitor e del particolare carattere di queste PMC che può non piacere a tutti). Potrà un abbinamento diverso svelare dettagli del suono che non siamo riusciti ad apprezzare, eludendo i difetti che invece ci sono sembrati un limite del diffusore? Rimanete sintonizzati…
Chiudo questo lungo post con dei ringraziamenti sentiti a Dino Pinton, il titolare di Stereo 2000, e al suo giovane 🙂 collaboratore Emanuele. Vi ringraziamo per l’assistenza tecnica nei collegamenti, per la disponibilità dimostrata nel lasciarci provare i diffusori in libertà e anche per il consenso a pubblicare le foto che hanno immortalato l’evento all’interno della sede di Stereo 2000. E termino, infine, con un ultimo ringraziamento per l’invito a ritornare ad ascoltare la coppia Twenty 24 con altri abbinamenti di amplificazione, onde provare a derimere i dubbi emersi durante la nostra prova d’ascolto, in particolare sulla riproduzione delle frequenze altissime. Non nascondo la mia personale curiosità nell’immaginare le Twenty affiancate alla catena di riproduzione Densen che possiedo e che conosco meglio del Marantz. E poiché l’appetito vien… ascoltando, già che ci siamo mi piacerebbe molto provare un confronto tra le Twenty 24 e il modello PMC Fact 8, anch’esso disponibile presso il rivenditore veneto, ritenuto un riferimento assoluto. Sarà un mio piacere riferire sulle pagine del blog questa eventuale nuova esperienza audiofila non appena si verificherà.