Ecco un’altra tematica interessante che può aiutarci ad approcciare all’ascolto di un impianto per apprezzarne maggiormente le qualità musicali: la focalizzazione. L’idea di scrivere questo breve post mi è venuta in mente leggendo una recensione del diffusore ProAC Response DT8 riportata nella sezione Audio Club a cura di Andrea Della Sala (AudioReview N.408, Aprile 2019). L’autore evidenziava l’autorità con cui i diffusori in questione sprigionano “bassi densi e corposi, ideali per rendere credibili anche i più grossi gruppi orchestrali”. Produrre bassi potenti è, però, solo metà del compito di un buon diffusore – e forse è anche la metà più facile. L’altra metà è fare in modo che quei bassi non diventino così roboanti da coprire tutto il resto o, ancor peggio, non finiscano con l’aggiungere bassi laddove non ce ne sono.
Cosa ha a che fare questo con la focalizzazione? Proviamo a immaginare, come lo stesso Andrea Della Sala cita nel suo articolo, alcuni violini suonare quando, a un certo punto, entra nella scena un contrabbasso. Se ascoltassimo nella realtà questa esecuzione, probabilmente sentiremmo le diverse entità (violini e contrabbassi) ben separate tra loro. Dovremmo cioè essere in grado di cogliere il suono brillante dei primi, per poi assaporare il contrasto che si viene a creare quando l’immagine del violino viene affiancata dal “ronfare libero” del contrabbasso. Questa contrapposizione di immagini sonore dovrebbe avvenire senza che la voce più predominante (il contrabbasso nel nostro esempio) inglobi tutta la scena. Un buon impianto Hi-Fi deve riprodurre questa esperienza di ascolto in modo credibile (diremmo “fedele”). Il suono dovrebbe cioè rimanere focalizzato in tutti i singoli strumenti anche quando la scena si fa articolata e complessa, in particolare quando suonano contemporaneamente strumenti che sprigionano quantità di energia molto diverse tra loro.
Quando un impianto ha poca focalizzazione, tende a impastare, a rendere confuse le singole voci. In altre parole, l’impianto non è selettivo. I violini suonano più simili a dei violoncelli e il contrabbasso lo riconosciamo solo per la maggior “energia” che sprigiona, tradotta dall’impianto in un aumento di volume. “Non abbiamo due suoni distinti, ma un suono grande e poi uno ancora più grande” (parole ancora di Andrea Della Sala). Quando l’impianto è raffinato, e l’ambiente di ascolto trattato acusticamente in modo da permettere un approccio educato, l’appagamento che se ne ottiene è veramente risolutorio. Ogni singola nota, ogni passaggio di ogni singolo strumento nell’intreccio musicale complessivo viene riprodotto come se stessimo di fronte agli artisti (o quasi… torneremo su questa considerazione generale in un prossim post). L’emozione restituita da un simile impianto è fortissima. Provate a fare la stessa esperienza ascoltando il medesimo brano attraverso un impiando commerciale molto economico. È probabile che le differenze siano veramente essenziali. Questione di focalizzazione.
Imparare a riconoscere quanto un impianto sia focalizzato e selettivo non è solamente un aspetto tecnico utile per valutare la qualità dei singoli elementi: è utile anche per aumentare il nostro appagamento di ascoltatori. Saremmo, infatti, più propensi a percepire quelle sfumature del suono che ci fanno davvero sentire “l’anima di uno strumento”. Buon ascolto a tutti.