Oltre il buon senso: questione di scala

Leggevo qualche giorno fa in una rivista italiana del settore un’inserzione pubblicitaria relativa a un mobile rack per componenti audio. Uno come tanti… beh, no. Al di là della forma (sembrava una via di mezzo tra un’astronave di Spazio 1999 e una serie di pentole a pressione posizionate a scacchiera), l’elemento cruciale che mi ha colpito è il prezzo. Oltre 20.000€ di listino. Un’automobile di fascia media. D’accordo, sarà il non plus ultra dei rack dotati di smorzatori. D’accordo, in teoria sarà un apparato studiato e progettato con tutto il metodo scientifico noto. D’accordo… mille altri d’accordo. Però… due considerazioni a margine (che non sono per nulla marginali).

Considerazione 1. Chi ha soldi è giusto che li spenda; è giusto che sperimenti ciò che ai comuni mortali non è dato di provare. Il mondo audiofilo è pieno di “sfizi” dalla dubbia efficacia in termini di miglioramenti alla resa sonora ma fanno l’impianto di turno un impianto d’elite. In parte, l’idea di costruire qualcosa di elitario condiziona psicologicamente chi non ha limiti di budget. Quindi chi ha soldi è bene che li reinvesta anche in componenti estremamente costosi. Fa bene al mercato di altissima fascia (sempre assumendo che quest’ultimo non si faccia condizionare al punto da eliminare il segmento basso e medio). Detto questo, investire così tanto in un componente fino a che punto ha senso? Fino a che punto è un investimento atto a soddisfare una sensibilità musicale e quando invece serve a soddisfare solo l’ego?

Considerazione 2. Ma chi compra un rack per elettroniche da 20 testoni, dove lo inserisce? Ovvero, se siamo disposti a spendere una cifra così elevata per un mobiletto, quanto dobbiamo ragionevolmente spendere per sistemare l’acustica ambientale che ha un impatto sonico di almeno un ordine di grandezza superiore?

Ecco il senso del titolo. Il problema non è spendere, a patto di averne le possibilità. Il punto è farlo in modo intelligente, avendo le basi minime di elettroacustica per comprendere dove andare a spostare il grosso del budget. Si tratta di una questione di scala relativamente al ripartizionamento dell’investimento rispetto agli impatti ottenibili sul suono finale. Mi rendo conto che sostituire un rack sia più facile che analizzare, progettare e implementare una acustica ambientale allo stato dell’arte, però facendo così si rischia di spendere in modo insensato. E di ricadere nell’audiofilia nervosa.

Buon ascolto a tutti, come sempre!

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